Scopri il tuo nuovo libro: "Il compleanno di Monsù Mullet"
Benvenuti all’evento dedicato ai libri e alla letteratura. Siamo entusiasti di annunciare la presentazione dell’ultima fatica letteraria di Isabella Ferrauto. Il nuovo libro promette di catturare l’immaginazione e far viaggiare la mente entrando nel cuore dei lettori.
L’Autrice
Nasce in Abruzzo ma completa i propri studi a Torino dove poi insegnerà. Innamorata della Sicilia si è stabilità a San Pier Niceto dove vive la sua vita dedicando il proprio tempo alla scrittura e alle attività sociali.
Durante l’evento l’autrice commenterà il libro affrontando le tematiche che portano al processo di scrittura e alle sfide affrontate per la realizzazione.
Attività Durante l’Evento
Durante la presentazione, ci sarà una sessione di domande e risposte in cui i partecipanti potranno interagire direttamente con l’autrice. A rendere più piacevole l’evento si alterneranno le letture dei brani a cura di Iolanda Anzollitto con canto e musica a cura di Nino Catanese.
Data e Luogo dell’Evento
L’evento costituisce l’opportunità di scoprire nuove storie ampliando i propri orizzonti personali. Rappresenta anche un modo per connettersi ad altri appassionati di lettura e cultura.
La presentazione del libro si terrà giovedì 14 novembre 2024 alle ore 18:30 presso la sede dell’U.P.C.F. situata in via Roma, 35 a San Filippo del Mela.
Siete tutti invitati a partecipare e vi consigliamo di arrivare presto per assicurarvi un posto in prima fila!
Interventi
Saluti istituzionali da parte di Giovanni Pino (Sindaco di San Filippo del Mela) e di Giuseppe Privitera (Rettore dell’Università Popolare Comprensoriale Filippese). Conduce l’evento Antonella Nuccio (Presidente dell’Associazione “Terreforti”.
Il libro
La leggerezza, la semplicità, la naturalezza sono questi i tratti salienti dei personaggi che animano lo scritto di Isabella Ferrauto.
Sin dalle prime battute emerge dalle pagine del romanzo la prorompente figura protettiva e pianificatrice di Catarina, l’eccentrica ed elegante professoressa diventata moglie di Monsù Mullet. Ma non tragga in inganno l’utilizzo del termine Monsù. Non si tratta di un omaggio ai tanti protagonisti della cucina della case nobiliari di fine ottocento o dei primi del novecento che traevano vanto e orgoglio dal fatto di avere il Monsù.
In realtà nel romanzo di Isabella Ferrauto, a proposito di Ferdinando, l’appellativo Monsù viene utilizzato nel tradizionale senso francese di Monsieur, signore, come si usava in Piemonte ed era un aggettivo di riguardo e di cortesia verso una persona di rango.
In effetti il giovane Ferdinando, il protagonista – nato nel ’38 – era cresciuto come un principino, tra gli ozi universitari degli anni ‘60 e grazie ai genitori aveva condotto una vita agiata, laureandosi in Ingegneria alla soglia dei trent’anni, ben oltre la durata naturale del corso di laurea.
Ora si ritrova alla viglia dei suoi 84 anni, ed è ora di bilanci, di nostalgie e di rimpianti. In particolare non lo lascia, non scema di intensità il ricordo di Irma, la giovane donna di cui si era invaghito molti anni prima. E’ lei a presidiare la memoria tra sogno e realtà; il raffronto tra la giovane donna di allora, lui aitante e prestante combattente e il “cimelio organico” rappresentato dal Ferdinando di oggi è impietoso. A condurlo verso una tranquilla vecchiaia è Catarina, la donna della sua vita. Tutto si svolge nell’arco di due giorni, quello del suo compleanno e quello che lo precede.
In questo breve volgere di tempo Ferdinando riavvolge il nastro della sua esistenza. Ripensa agli incontri clandestini con Irma; sensazioni e reminiscenze che ancora alterano la placida routine della vecchiaia.
Ma è un attimo: Ferdinando Mullet passa dal ricordo di Irma al giorno del compleanno, alla rassicurante figura della sua Catarina, alla sua poltroncina, alla sua amata Settimana Enigmistica. Catarina “ha ancora la schiena dritta, il collo lungo, è ancora giovanile nei modi, nei tratti, nel colorito…”.
Le ossa scricchiolano e lo inducono a sventolare bandiera bianca, c’è la resa di fronte all’evidenza del tempo e a Caterina dichiara “…anziché combattente mi sento un arreso e rincoglionito cavaliere”. Ogni tanto quel fantasma (Irma) riappare, non riesce a scacciarlo come vorrebbe, nonostante i trent’anni trascorsi, “un affronto spudorato che propone la memoria”, quasi quasi la maledice quella sua memoria capace ancora di far affiorare i ricordi persino nei minimi particolari.
Con Catarina di tanto in tanto c’è ancora qualche diverbio, Ferdinando osserva il suo modo di fare “arrogante e pieno di sé” vorrebbe contrastarla poi desiste pensando che senza la sua Catarina sarebbe in un ospizio abbandonato da tutti. Insieme ai ricordi tornano dall’oblio anche i bigliettini che Irma firmava come Farfui; è combattuto da un lato vorrebbe cancellare tutto dall’altro il rimpianto amplifica desideri mai sopiti.
Catarina è lì, lo sorregge, lo tiene in piedi nonostante abbia scoperto tutto della storia e alla fine lo riporta alla realtà invitandolo a non rinchiudersi in quel mondo di pensieri stupidi che lo portano “a inseguire farfalle”.
Mullet all’improvviso si vede così com’è. Ha quasi paura è un vecchio bisognoso d’assistenza, incapace di badare a se stesso, un sognatore disilluso, uno che s’è fatto scivolare la vita tra le mani, tra un’illusione e l’altra. Ha cercato di cancellare l’unica certezza costante della sua vita, Catarina, ma per fortuna in questo intento ha fallito. Da questo fallimento viene fuori con forza la figura di una donna forte, coraggiosa, paziente, il vero porto sicuro della sua esistenza. Ferdinando quando il giorno del compleanno volge al termine brucia nel caminetto, dopo averli avuti in regalo, i bigliettini di Farfui. L’ultimo tizzone che stava per spegnersi si rianima: linguette di fuoco sottili divorano per sempre il suo passato e avverte “d’aver compiuto un gesto eroico”. Il giorno della festa si conclude con questa impresa e Ferdinando, nel momento di alzarsi per l’ultimo brindisi è costretto come sempre ad aggrapparsi alla sua Catarina, l’ultima boa di salvataggio. L’insicurezza lo rende cosciente di essere solo un vecchio con “l’anca che cigola” e che risponde sempre meno ai comandi. Ma in quell’intimità ritrovata Catarina gli appare bella come una ventenne, come per miracolo i suoi occhi non sentono il peso delle palpebre e il “caro amato lettino viennese rimarrà invano ad aspettarlo”. Si risveglierà, il giorno dopo nel lettone con Catarina, riscoprendo un piacere che aveva dimenticato e assaporando ancora – alla sua età – quello di poter essere travolto da un’onda di fiducia e di serenità. La spinta giusta per completare l’ultimo tratto di mare della sua vita, quello più difficile, con il decorso del tempo che assume il respiro divoratore e vorace, scuotendo gli uomini alla vita mentre li conduce rapidamente alla vecchiaia.
Pino Privitera